Due decreti e diverse problematiche : interpretazioni e possibili soluzioni
A) Il decreto legislativo 10.10.2022 n.150 nel dichiarato intento di raggiungere l’obiettivo dettato dal P.NNR di riduzione dei tempi del processo per il 25% entro l’anno 2026 e di evitare dibattimenti inutili , è intervenuto – tra il resto il resto – su due fondamentali momenti del processo penale in fase di udienza preliminare:
– richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato (art. 408 c.p.p.) ;
– criterio per l’emissione della sentenza di non luogo a procedere (art. 425 c.p.p.),
In entrambi i casi è stata introdotta nuova “regola di giudizio” a carattere valutativo fondato sul principio che pone attenzione alla decisione di iniziare il processo solo se si è in presenza di ” una ragionevole previsione di condanna “
All’esposto criterio consegue che da un lato il pubblico ministero – soggetto inquirente, che deve costruire l’accusa, valutando anche elementi a favore dell’imputato e formulare richiesta di archiviazione – dall’altro il giudice dell’udienza preliminare, soggetto terzo , dovrà pronunciare sentenza di proscioglimento anche quando gli elementi acquisiti non consentano di “formulare una ragionevole previsione di condanna”.
Tuttavia l’esposta previsione valutativa non risulta inserita nell’art. 61 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 che, per dichiarato intento del legislatore del 2001, riproduce pedissequamente lo stesso criterio valutativo dell’art. 425 c.p.p., oggi riformato.
Nel silenzio rumoroso dell’assenza di previsione resta aperta la domanda se le nuove disposizioni dettate per il processo “ordinario” possano estendersi anche al processo per l’ente
Quanto esposto concreta una asimmetria normativa dei due attuali assetti processuali con possibili evidenti ricadute pratiche, senza alcuna giustificazione per le diverse posizione ( persona fisica e persona giuridica)
Ed infatti con l’attuale assetto normativo se un imputato – persona fisica – fosse prosciolto in base al disposto di cui all’art. 425 comma 3 cpp ( ” il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna “), tuttavia il Giudice per l’Udienza Preliminare potrebbe rinviare a giudizio l’ente valutando in base agli elementi ulteriori di responsabilità della persona giuridica che ritiene idonei a sostenere l’accusa ed il giudice del dibattimento dovrebbe procedere ad accertare il reato presupposto in condizione in cui era già stata esclusa la previsione di ragionevole condanna .
In assenza di un intervento correttivo si prospettano in sintesi tre soluzioni a rimedio dell’evidenziata discrasia :
– il ricorso all’art. 34, d.lgs. n. 231/01, quale strumento ermeneutico “ordinario” e quindi si applicano per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato le norme del capo III “Procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni amministrativa , nonché in quanto compatibili le norme del codice di procedura penale e del dlgs 271/1989, ma potrebbero verificarsi possibili “disparità di trattamento” nella prassi giudiziale;
– oppure l’apertura di un incidente di legittimità costituzionale alla luce dell’art. 3, Cost., quale parametro sovraordinato idoneo a riportare l’equilibrio normativo e sostanziale nella “regola di giudizio” applicabile all’ente e alla persona fisica perseguita per il reato presupposto.
Sicuramente auspicabile un intervento risolutivo
B) Prescrizione ex art. D.lgs. 213/2001 e riforma ” Cartabia “
L’art. 22 del dlgs 231/2001 stabilisce per i reati presupposti a carico dell’ente che una volta intervenuta la contestazione dell’illecito amministrativo prima del maturare del temine della prescrizione, questa “non corre fino al momento in cui non passa in giudicato la sentenza che definisce il processo “
Quindi se il reato si dovesse prescrivere nelle more del giudizio nei confronti della persona fisica imputata nello stesso processo , il processo poteva proseguire per accertare la responsabilità dell’ente.
ora , a fronte del nuovo assetto della prescrizione di cui alla riforma , i rapporti tra la prescrizione da reato e quella dell’illecito amministrativo dipendente da reato vanno rimediati .
Attualmente :
– per il reato, il termine della prescrizione cessa di decorrere a far data dalla sentenza di primo grado – per l’illecito amministrativo il termine si arresta molto prima , appunto, fin dal momento della contestazione dell’illecito ;
Il problema dell’improcedibilità dell’azione introdotta dall’art. 344 bis cpp potrebbe far propendere a considerare la norma come immediatamente operante nel sistema del dlgs 231/2001 per il richiamo dell’art. 34 dlgs 231/2001; diversamente l’ente si vedrebbe esposto ad una durata non prevedibile del giudizio e tanto non è dato, come si legge in una nota a commento della riforma emessa dalla Suprema Corte che conclude “…. una lettura costituzionalmente orientata potrebbe far propendere per l’estensione della disciplina contenuta all’art. 344 bis cpp anche alla disciplina dell’illecito da reato degli enti, con la conseguenza che, ove il giudizio non possa essere proseguito, a causa del superamento dei termini di legge , dovrebbe cessare anche il processo a carico dell’ente ” .