di Paolo Corti
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 67, comma 8, codice antimafia, nella parte in cui equipara gli effetti interdittivi previsti per la condanna di un reato previsto nella classe di cui all’art. 51, comma 3-bis (reati associativi di competenza del Procuratore Distrettuale), c.p.p. o per l’applicazione di una misura di prevenzione personale, alla condanna per i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
La questione è stata sollevata dal TAR del Friuli – Venezia Giulia adito in via cautelare per l’annullamento di un provvedimento interdittivo, emesso dal Prefetto di Udine ex 67, codice antimafia, nei confronti di una persona alla quale era stata applicata a seguito di condanna per il delitto di cui al 640-bis c.p.
La Corte costituzionale, ha rilevato che gli effetti interdittivi della comunicazione antimafia derivano dall’applicazione di una misura di prevenzione personale – fondata su una prognosi di pericolosità sociale – e dalla condanna, pur non definitiva, per uno dei reati contemplati all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p.
Detti reati, rammenta la Corte, «hanno una specifica valenza nel contrasto alla mafia», tant’è che essi attribuiscono «le funzioni di pubblico ministero ai magistrati addetti alla direzione distrettuale antimafia», in ragione della complessità di accertamento di fattispecie che «hanno in gran parte natura associativa oppure presentano una forma di organizzazione di base (come per il sequestro di persona ex art. 630 c.p.) o comunque richiedono condotte plurime (come per il traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 452-quaterdecies c.p.), oltre a prevedere pene che possono essere anche molto alte».
Diversa la portata del reato di cui all’art. 640-bis c.p., il quale «non ha natura associativa e non richiede neppure la presenza di un’organizzazione volta alla commissione del reato. Esso ha dimensione individuale, può riguardare anche condotte di minore rilievo – quale risulta essere quella del giudizio a quo – ed è punito con pene più lievi … senza che vi siano tantomeno deroghe al regime processuale ordinario».
Conseguentemente, fare derivare effetti automatici di natura interdittiva dalla condanna per truffa aggravata ai danni dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche appare “non proporzionato” ai caratteri del reato e allo scopo di contrasto delle associazioni criminali, da cui il conflitto con l’articolo 3 della Carta. Inoltre viola l’art. 41 della Carta, poiché l’estensione degli effetti interdittivi «provoca danni irragionevolmente elevati alla libertà d’iniziativa economica, sia sul piano patrimoniale, sia della “reputazione” imprenditoriale, specie per chi svolge attività lavorative e professionali in rapporto con la pubblica amministrazione».