Con la pronuncia n. 14846/2024, depositata in data 28.5.2024, la Corte Suprema di Cassazione è tornata ad occuparsi della responsabilità della ASL (Azienda Sanitaria Locale) per il fatto colposo del medico di base convenzionato con il SSN (Sistema Sanitario Nazionale), ribadendo come l’ASL sia tenuta per legge, nei limiti dei livelli essenziali di assistenza, ad erogare l’assistenza medica generica e la relativa prestazione di cura avvalendosi di personale medico alle proprie dipendenze o in rapporto di convenzionamento.
Invero, sussiste un diritto soggettivo dell’utente del SSN all’assistenza medico-generica ed alla relativa prestazione curativa, nei limiti stabiliti normativamente, che nasce direttamente dalla legge ed è la legge stessa ad individuare la ASL come soggetto tenuto ad erogarla, avvalendosi di “personale” medico alle proprie dipendenze ovvero in rapporto di convenzionamento (avente natura di rapporto di lavoro autonomo “parasubordinato”): “Il medico convenzionato, scelto dall’utente iscritto al S.S.N. nei confronti della ASL, in un novero di medici già selezionati nell’accesso al rapporto di convenzionamento e in un ambito territoriale delimitato, è obbligato (e non può rifiutarsi, salvo casi peculiari sorretti da giustificazione e, dunque, sindacabili dalla stessa ASL) a prestare l’assistenza medico-generica, e dunque la prestazione curativa, soltanto in forza ed in base al rapporto di convenzionamento (e non già in base ad un titolo legale o negoziale che costituisca un rapporto giuridico diretto con l’utente), il quale rappresenta altresì la fonte che legittima la sua remunerazione da parte, esclusivamente, della ASL (essendo vietato qualsiasi compenso da parte dell’utente)” (Cass. civile n. 6242/2015).
Pertanto, la pronuncia in rassegna conferma il principio sancito dalla sentenza della Suprema Corte n. 6243/2015, secondo cui le ASL debbano rispondere di eventuali errori commessi dai medici di medicina generale ad esse convenzionati nell’esecuzione di prestazioni comprese tra quelle assicurate e garantite dal SSN, risultando irrilevante l’assenza di un rapporto diretto tra ASL e paziente, poiché “la scelta del cittadino è ristretta nei limiti oggettivi dell’organizzazione dei servizi sanitari datasi dall’Azienda e viene esercitata nell’ambito del personale del S.S.N. che la stessa Asl ha selezionato, mediante l’accesso al convenzionamento. La Corte di Cassazione ha quindi evidenziato come tale scelta si realizzi, pur sempre, all’interno dell’organizzazione del servizio sanitario data dall’Asl, del quale il medico convenzionato è parte integrante, e, quindi, ricade sempre su un suo ausiliario. In tale ottica, conclude la Corte, non sussiste alcuna ragione per sottrarre la fattispecie in esame ai consolidati principi che regolano la materia, secondo cui ai fini del riconoscimento della responsabilità della struttura ex art. 1228 c.c., la scelta del medico da parte del paziente, o il suo consenso rispetto a quello propostogli dalla stessa, è del tutto irrilevante, ove il professionista sia inserito nell’ambito della struttura stessa (Cass. civ., sez. III, 13 aprile 2007, n. 8826)” (così D. MUNAFÒ, L’Asl risponde dell’operato del medico convenzionato ex art. 1228 c.c., in IUS Responsabilità Civile, 2 novembre 2015).
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che, sulla base della ricordata pronuncia n. 6243 del 2015 (con orientamento successivamente recepito dalla legge n. 24 del 2017), aveva osservato come l’Agenzia Tutela Salute Città Metropolitana Milano, per l’adempimento della propria obbligazione ex lege, si fosse avvalsa dei medici di medicina generale ad essa legati da un rapporto di para-subordinazione, dovendo quindi rispondere ai sensi dell’art. 1228 c.c. anche dei fatti colposi e dolosi di tali ausiliari.