Con l’ordinanza n. 15190/2023 del 30.5.2023, la Corte Suprema di Cassazione ha avuto modo di affrontare nuovamente la questione della responsabilità dell’istituto scolastico in ipotesi di danno cagionato dall’alunno a sé stesso, ribadendo come tale responsabilità non abbia natura extracontrattuale bensì contrattuale, atteso che l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che il medesimo procuri danno a sé stesso (v. Cass. civile, sez. III, 25 novembre 2021, n. 36723).
La natura contrattuale della responsabilità della scuola (in ipotesi di alunno che si faccia male da solo) implica che gravi sull’allievo l’onere di provare la fonte del suo credito risarcitorio e il danno, nonché quello di allegare l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligazione di vigilanza gravante sulla scuola, mentre spetti a quest’ultima la prova, da offrirsi anche in via presuntiva, dell’esatto adempimento di tale obbligazione o della causa imprevedibile e inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione che ne forma oggetto.
Ciò significa che l’alunno è chiamato non solo a provare l’infortunio e il danno patitone, ma anche a contestare l’inadempimento dell’istituto scolastico rispetto all’obbligo su di esso gravante di vigilare sulla sicurezza e incolumità dello studente.
Nel caso posto all’attenzione della Suprema Corte una scolara dodicenne (rappresentata dalla madre) aveva agito contro la scuola secondaria e il Ministero dell’Istruzione, domandandone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’incidente occorsole all’interno dell’istituto scolastico, allorché ella, mentre tornava dal bagno verso l’aula, era caduta dalle scale, riportando la frattura della tibia.
Tuttavia, la Corte ha osservato, da un lato, che “la minore non soffriva di patologie che ne riducessero l’autonomia e la capacità di deambulazione” e, dall’altro, che “non sussistevano situazioni obiettive idonee ad agevolare il prodursi dell’evento dannoso (come, ad es., la contemporanea presenza di più allievi)” e non “erano state neppure evocate particolari condizioni di pericolosità dei luoghi (in ipotesi, l’usura dei gradini o la presenza di sostanze scivolose su di essi)” da parte della danneggiata.
Di conseguenza, la Corte ha escluso la violazione da parte dell’istituto del suddetto dovere di vigilanza (non essendo esigibile dallo stesso una sorveglianza continua dell’allieva nel tratto che separava il bagno dall’aula di lezione) e ha ritenuto che l’evento dannoso fosse imputabile esclusivamente alla condotta disattenta della danneggiata, confermando il rigetto della domanda di risarcimento disposto dai giudici di merito.