Spesso ci si chiede cosa può fare e cosa non può fare il Consulente Tecnico d’Ufficio nell’espletamento dell’incarico conferito dal giudice; l’interrogativo si pone con particolare riguardo a quelle circostanze che non sono state dedotte dalle parti ma che possono essere rilevanti ai fini dell’indagine peritale.
A fare chiarezza al riguardo è intervenuta la Corte di Cassazione che, nella recente pronuncia a Sezioni Unite dell’1.2.2022 n. 3086, enunciato i seguenti principi di diritto in materia di consulenza tecnica d’ufficio:
- il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite il cui accertamento si rende necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti fatti principali rilevabili d’ufficio;
- il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a carico delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che essi non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e, salvo quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio;
- in materia di esame contabile ai sensi dell’art. 198 c.p.c. il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se essi siano diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni;
- l’accertamento di fatti diversi dai fatti principali dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, o l’acquisizione nei predetti limiti di documenti che il consulente nominato dal giudice accerti o acquisisca al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli in violazione del contraddittorio delle parti è fonte di nullità relativa rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso;
- l’accertamento di fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, che il consulente nominato dal giudice accerti nel rispondere ai quesiti sottopostigli dal giudice viola il principio della domanda ed il principio dispositivo ed è fonte di nullità assoluta rilevabile d’ufficio o, in difetto, di motivo i impugnazione da farsi a valere ai sensi dell’art. 161 c.p.c.
Il chiarimento reso dalle Sezioni Unite dovrebbe risolvere molte delle criticità interpretative che si pongono nel corso o all’esito delle indagine peritale disposte, evitando così discussioni o dibattiti che spesso rallentano l’esecuzione dell’accertamento in corso (non è raro che in caso di incertezza il CTU chieda indicazioni al giudice e capita spesse che il giudice inviti le parti a prendere posizioni al riguardo) o stimolano la parte soccombente ad impugnare una sentenza che ha deciso la questione sottoposta all’attenzione del giudice proprio sulla base delle risultanze della consulenza espletata. Come sempre il tempo consentirà di capire la portata dell’intervento chiarificatore dei giudici di legittimità.