(Cass. Civ., Sez. I, ord. 6 febbraio 2024, n. 3372)
La Corte di Cassazione ritorna sul tema di frequentazione paritaria dei figli fra i genitori, stabildendone la natura “tendenziale” (e quindi prioritaria) e enunciando i casi in cui si possa derogare a essa.
Così si è espressa la Suprema Corte:
“La frequentazione, del tutto paritaria, tra genitore e figlio che si accompagna al regime di affidamento condiviso, nella tutela dell’interesse morale e materiale del secondo, ha natura tendenziale, nel senso che il giudice di merito ben può individuare, nell’interesse del minore, senza che possa predicarsi alcuna lesione del diritto alla bigenitorialità, un assetto che se ne discosti, al fine di assicurare al minore stesso la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena”.
Prima di entrare nel merito delle ragioni della Corte pare opportuno premettere che tanto l’art. 315-bis c.c. quanto l’art. 337-ter c.c. stabiliscano il diritto del minore di mantenere con entrambi i genitori “rapporti significativi”.
Tale principio costituisce il fondamento per la frequentazione paritetica fra genitori e figli, che pur non costituendo un assioma da rispettarsi con precisione aritmetica – dovendo essere calato in una realtà concreta, che tenga conto tanto delle esigenze dei figli quanto degli oneri lavorativi dei genitori – deve essere cionondimeno riconosciuto come il canone legale preferenziale, come riconosciuto dalla stessa sentenza qui in esame.
Per giungere a tale conclusione, la Corte di Cassazione osserva preliminarmente che la preferenza espressa dal minore ultradodicenne (o infradodicenne ma dotato di idonea capacità di discernimento) in ordine al tempo di frequentazione dei genitori debba essere tenuta in “debito conto”, ovvero attentamente vagliata e ponderata, in ossequio al principio stabilito dall’art. 315-bis, comma 3 c.c.
Tale preferenza, tuttavia, non dovrà essere acquisita acriticamente dal giudicante, ma valutata in relazione al supremo interesse del minore.
Tuttavia, il Giudice – qualora voglia disattendere i desideri manifestati dal figlio minorenne – dovrà “compiere una rigorosa verifica della contrarietà di una simile volontà al suo interesse” (v. Cass. 12957/2018, Cass. 23804/2021).
Occorrerà quindi che il Giudice adito esponga con chiarezza quali circostanze di fatto, emerse nel corso del processo, lo inducano a ritenere che i desiderata manifestati dal figlio siano contrari a specifici interessi di questo.
Non sarà sufficiente, cioè, un apodittico e generico richiamo a tali interessi, ma sarà indispensabile enunciare quali interessi del minore sarebbero compromessi se si assecondasse la volontà del figlio e perché.
Sarà necessario, quindi, che il Giudice di merito – con iter argomentativo coerente e solido – esponga, ad esempio, che le modalità gradite al figlio non siano compatibili con la tutela di un diritto costituzionalmente tutelato (come il diritto alla salute o allo studio), che risulterebbe compromesso qualora i suoi desideri fossero accontentati.
In conclusione, nel caso in cui il figlio manifesti il desiderio di frequentare in egual misura entrambi i genitori, costituendo tale regime quello da ritenersi preferibile alla luce dei principi sopra esposti, per discostarsi da esso il giudicante dovrà necessariamente motivare la sua decisione su comprovate e solide argomentazioni che inducano a ritenere tale assetto contrario a specifici e concreti interessi del minore.